La società moderna ha raggiunto ritmi di vita vorticosi che erano impensabili 20 anni fa. La risposta delle attività commerciali è stata quella di incrementare la disponibilità verso i propri clienti aumentando gli orari e le giornate di apertura e confezionando soluzioni che rendano tutto più rapido e permettano quindi di risparmiare tempo.
Basta pensare ai supermercati che sono ormai quasi sempre aperti ( alcuni h24 ) anche nei giorni festivi e che investono quotidianamente nella preparazione di cibi freschi preconfezionati che permettono ai clienti di evitare le file al banco dei salumi o al reparto panetteria. Anche l’odontoiatria ha dovuto adattarsi alle richieste di mercato sviluppando nuove strategie per fronteggiare la richiesta dei pazienti ossia RISPARMIARE TEMPO E DENARO. Quando ho iniziato la mia attività privata presso il mio primo ambulatorio, i dottori più anziani nei cui studi collaboravo, mi consigliavano di eseguire le terapie dei pazienti in più sedute in modo da poter giustificare il conto finale. Secondo il loro ragionamento era corretto chiedere 350 euro per una devitalizzazione di un molare se eseguita in 3-4 sedute ma era eccessivo chiedere lo stesso importo per una prestazione effettuata in una sola seduta. Oggi la tendenza è completamente cambiata, i pazienti sono alla ricerca di una fast dentistry che risolva i problemi in maniera definitiva e con il minor numero di sedute.
La toronto bridge è in questo ambito la terapia più rappresentativa poiché permette di riabilitare con denti fissi intere arcate in una sola seduta o come recitano la maggio parte degli spot degli studi dentistici in solo 24h.
Ma che cos’è realmente questo trattamento che negli ultimi anni è diventato il cavallo di battaglia di numerosi studi odontoiatrici?
La toronto bridge è un protocollo terapeutico che prevede la riabilitazione di un intera arcata mediante l’inserimento in genere di 4 impianti (all on four) sui quali viene avviata una protesi con all’interno una struttura rigida che solidalizza tra di loro gli impianti garantendone la stabilità durante le fasi di guarigione e osteointegrazione. Il più grande vantaggio clinico è che gli impianti vengono inseriti in una zona priva di strutture anatomiche nobili. Infatti nei pazienti edentuli da molti anni o nei pazienti parodontali gravi che rappresentano i candidati ideali a questo tipo di trattamento il limite principale ai classici protocolli di riabilitazione implantoprotesici è senza dubbio la mancanza di osso nei settori posteriori dove il nervo alveolare inferiore (nella mandibola) e i seni mascellari (nell’arcata superiore) obbligano a interventi di rigenerativa (molto più complessi e costosi) per poter inserire le viti. La Toronto Bridge è quindi un trattamento di altissima predicibilità e di alta qualità ma non è sicuramente la soluzione a tutti i casi clinici full arch.
La crescente concorrenza e la liberalizzazione della pubblicità in campo medico e odontoiatrico ha fatto si che molti studi e cliniche utilizzassero questo trattamento come richiamo per i pazienti e slogan della loro attività commerciale. In realtà la riabilitazione a carico immediato di un’intera arcata non è una conquista della moderna odontoiatria ma bensì un trattamento già documentato da Branemark nel 1982. I più recenti protocolli hanno però sdoganato questa pratica e l’hanno resa alla portata di tutti i clinici proprio perché con l’inserimento di 2 impianti inclinati si possono evitare le strutture nobili come il seno mascellare e il nervo alveolare. Personalmente ritengo che la toronto sia una procedura formidabile se eseguita in presenza delle giuste indicazioni. Cercare però in tutti i modi di abbassare i prezzi per essere più competitivi sul mercato rischia di essere un pericoloso boomerang per noi clinici ma soprattutto per i pazienti che sono spesso vittime inconsapevoli di medici guidati da interessi economici piuttosto che da un sano e doveroso senso etico della professione medica.
È fondamentale prevedere nella realizzazione di una toronto 2 protesi, una provvisoria e una definitiva eseguita a distanza di 4-6 mesi dall’intervento. Anche se provvisoria la prima protesi deve prevedere una struttura interna rigida ( carbonio, fusione metallica, struttura in fibra) che solidalizzi gli impianti e avrà un numero di denti inferiore a quelli previsti per la riabilitazione definitiva. Le scorciatoie in termini di tempi e costi richiedono sempre un sacrificio nella qualità delle nostre terapie. Puntare sulla qualità è una strategia vincente per il nostro studio e per la nostra attività ed è doveroso nei confronti dei nostri pazienti.